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Non so voi, ma io, finché non ho cominciato a “prepararmi” per questo viaggio a Porto – che per me significa essenzialmente informarmi su cosa e dove si mangia – non mi ero mai soffermata più di tanto sulla cucina portoghese. E non sono l’unica perché, leggendo qua e là, mi è parso di capire che nonostante il paese abbia una tradizione culinaria di tutto rispetto, i cuochi portoghesi soffrano un po’ della sindrome di Cenerentola: schiacciati dalla fama gourmet dei vicini cugini spagnoli, e pure da quella degli italiani e dei francesi.

A Porto ho trovato un panorama culinario vivace e in evoluzione, dove il fine dining più contemporaneo convive perfettamente con le osterie caserecce in cui servono porzioni pantagrueliche di trippa e baccalà. Anche i locali rispecchiano perfettamente la dicotomia tra tradizione e design: troverete caffè, vinerie, vermuterie, ovunque, tutti arredati in maniera impeccabile.
Grandi caffè storici in stile art nouveau convivono con wine bar hipster dove si mangiano i petiscos, la versione portoghese delle tapas, e con i cocktail bar di design frequentati dai più giovani.
Avrei voluto provarli tutti, ma, avendo poco tempo, ho preferito concentrarmi sul quelli che sono i capisaldi della cucina portoghese.

Cosa mangiare a Porto: il baccalà

«Ah vai in Portogallo? Allora mangerai un sacco di baccalà». Non vi dico quante volte mi sono sentita ripetere questa frase prima di partire. Mi sono quindi subito messa all’opera per scovare Il baccalà più buono di Porto.

Dopo accurate ricerche ho scelto il ristorante l’Abadia Do Porto. È situata in pieno centro, proprio accanto al famoso mercato coperto de Bohlao. Non lasciatevi spaventare dalla via, un po’ “sgarrupata”, come direbbero a Napoli, né dall’inquietante manichino vestito da monaco che campeggia all’ingresso, a ricordare le origini clericali del luogo.

Una volta entrati, potete rilassarvi e sedervi ai tavoli di questo enorme locale, in cui l’ atmosfera, l’arredamento e l’atteggiamento dei camerieri vi trasporteranno indietro di qualche decennio, così come le porzioni, abbondantissime.
La cucina è quella tradizionale, con un focus sul pescato. Io ho colto l’occasione per lanciarmi sull’agognato baccalà: ho iniziato con i pasteis de bacalhau, crocchette di baccalà, emblema di una cucina povera, di sostanza. Ti arrivano così: oneste, senza salsine o decorazioni. Dorate e croccanti fuori e morbide dentro.

A seguire ho scelto il baccalà in olio con patate bollite: una carne succulenta, saporita, tenerissima. Galleggia nell’olio, ma la cosa non risulta fastidiosa, non rimane in bocca quella sensazione di “unto”.
Un avvertimento: qui è tutto, ma proprio tutto, pieno di aglio. Astenersi non amanti del genere (e vampiri).

Il dolce più emblematico: i Pasteis de Nata

I pasteis de nata sono un dolcetto tipico del Portogallo, a base di crema cotta: se non li avete mai assaggiati immaginatevi una specie di crème brulé racchiusa in una sfoglia fragrante.
Pare che il posto migliore in cui mangiarli a Porto sia lo storico Cafè Majestic, in Rua Santa Caterina. Questo locale, con i suoi specchi a tutta parete, i suoi lampadari di cristallo e le sue decorazioni Art Noveau è un’istituzione in città, ed è molto frequentato sia dai turisti che dai locali. Io purtroppo non posso confermarvi se i suoi pasteis de nata siano i più buoni di Porto, perché, da buona italiana, ho pensato che il momento migliore per gustarmi una bella “pastarella” fosse la domenica mattina. Evidentemente però in Portogallo non si usa così, perché ho scoperto che la domenica è il giorno di chiusura!

Ho rimediato sedendomi da Fabrica da Nata, pochi numeri più in là, nella stessa via. Non ci sarà l’atmosfera fin de siècle, né le vetrate liberty, ma i pasteis sono buoni, serviti con un buon caffè.

Non contenta, ne ho assaggiato un altro in una pastelaria a Vila Nova de Gaia, il comune situato dalla riva opposta del fiume Douro rispetto al quartiere della Ribeira. È una zona molto popolare e il locale, che si chiama Trigo Doce, era gremito di gente del luogo. A richiamare la mia attenzione, oltre al vociare degli avventori, è stata la vetrina, strabordante di croissant e brioche di tutti i tipi, di pseudo bomboloni da cui tracimava un crema pasticcera color ocra, di pasticcini e fette di torta dall’aspetto godurioso. Inutile dirvi che i pasteis qui sono deliziosi: la sfoglia friabile e croccante al punto giusto e la crema leggermente acidula di limone. Casomai vi preoccupiate della dieta, vi segnalo che sono disponibili anche in versione mignon.

Da bere: il Porto

Ma cosa ci facevo a Vila Nova de Gaia? Stavo andando a una degustazione di Porto. Del resto sono essenzialmente due i motivi per attraversare il Douro: ammirare il quartiere della Ribeira, patrimonio UNESCO, dall’altra riva del fiume e visitare una delle tante cantine.Io ho scelto la Real Companhia Velha, perché mi intrigava il fatto che fosse la più antica del Paese. È un po’ defilata sul fianco della collina e dovrete camminare un po’ per raggiungerla, ma se, come ho fatto io, fate prima incetta di pasteis, l’energia non dovrebbe mancavi.

Si possono scegliere varie opzioni di visita con degustazione, da quella più basica fino a quella che dura 1 h e mezza. Io ho optato per quella di 45 minuti: comprende una visita alle cantine con una guida che spiega le varie fasi di raccolta, produzione e invecchiamento del Porto e una visita alla suggestiva cella centenaria in cui riposano le varietà vintage.

Infine, nel bellissimo locale di design dove si svolgono le degustazioni, si assaggiano quattro tipi di Porto, dal più giovane, a quello vintage, passando per quello bianco (non so voi ma io non sapevo esistesse un Porto bianco), che si è rivelato essere il mio preferito. Questa formula prevede come accompagnamento al vino, solo frutta secca e salatini, quindi vi consiglio di non andarci a stomaco vuoto. Io quando sono uscita dalla cantina ero piuttosto allegra.

  • Real Companhia Velha
    4431-952, R. Azevedo Magalhães 314, 4431-952, Vila Nova de Gaia

La tradizione dei tripeiros: un assaggio di trippa

La trippa si contende con il baccalà il titolo di pietanza tipica di Porto, tant’è che gli abitanti della città si sono guadagnati l’appellativo di “tripeiros”. Fuori dal Paese, però, la trippa resta sempre in seconda posizione, subissata com’è dalla fama internazionale del bacalhau, un po’ bistrattata a causa delle sue umilissime origini, sempre tacciata di essere pesante e un po’ viscida. Tanti ancora storcono il naso solo a nominarla.
I tripeiros però, che sono orgogliosi delle loro tradizioni, appena si presenta l’occasione ci tengono a raccontare la leggenda secondo la quale anticamente i tagli di carne più pregiati venivano mandati ai ricchi abitanti di Lisbona, mentre alla più popolana Porto non restavano che le frattaglie.
È da fare di questo necessità virtù che hanno cominciato a specializzarsi in piatti a base di trippa.

Confesso: non ero partita con l’idea di mangiare la trippa. Non ne vado particolarmente ghiotta, nonostante mia nonna ne cucinasse un’ottima versione alla toscana; in più era un mezzogiorno di inizio settembre e fuori c’erano circa 30 gradi. Ricordo distintamente di avere espresso il desiderio di pesce crudo.

Dieci minuti dopo un rubizzo oste portoghese mi stava servendo cucchiate di trippa e fagioli. Ma andiamo con ordine: è successo che, mentre tornavamo dalla Companhia Vehla, ancora a Vila Nova de Gaia, siamo stati attirati da un brusio di voci festanti e ci siamo affacciati sulla porta di un ristorante popolare, ai limiti della festa dell’unità, O Zé Da Serra. Dentro solo famiglie del luogo che si apprestavano a consumare il loro spropositato pasto della domenica. Sulla porta campeggiava un ritaglio di giornale, a testimonianza del fatto che anche Fidel Castro si è fermato a mangiare qui. E mica potevamo farci scappare un gioiellino simile!

Eravamo chiaramente gli unici turisti, e il menu è scritto a mano in una grafia poco comprensibile e in portoghese: per fortuna un cameriere ci ha spiegato i piatti in inglese. E lì, forse ancora obnubilata dal vino liquoroso, ho improvvisamente sentito di desiderare un piatto di “Tripas à Moda do Porto”, un sostanzioso stufato di frattaglie, fagioli, salsicce, piedini, verdure ed erbe aromatiche. Era delizioso, cremoso, la trippa tenerissima, la salsiccia piccante conferiva al piatto quel twist in più, senza risultare troppo saporita. L’ho trovato, giuro, quasi delicato.

  • O Zé da Serra
    R. Luís de Camões 580, 4430-999 Vila Nova de Gaia, Portogallo

La cucina portoghese moderna

Dopo tutte queste pietanze tipiche, leggermente impegnative per il mio sistema digerente, ho deciso di provare una cucina più contemporanea. Siamo stati a cena da Semea by Euskalduna, il ristorante di Vasco Coelho Santo, uno dei giovani chef portoghesi più noti del panorama gastronomico portuense.

Il concept del ristorante, che si trova in pieno centro, vicino alla famosa stazione di São Bento, il cui interno è interamente ricoperto di azulejos, prevede di condividere con i commensali un menu di tante piccole portate. Anche se moderna e creativa, la cucina del Semea trova le sue origini negli ingredienti e nelle tradizioni del Portogallo, ovviamente rivisitate e, a tratti, ingentilite. Il menu cambia spesso, a seconda della stagionalità e della disponibilità degli ingredienti. Io ho mangiato un ottimo foie gras con il suo pan brioche, e un delizioso crostino con sardina e peperone.

Sul podio metto la rivisitazione della Carne de Porco à Alentejana, un piatto di maiale, marinato in vino bianco, paprika, coriandolo e alloro in umido, a cui vengono aggiunte a fine cottura vongole fresche. Tipico della regione dell’Alentejo, è un accostamento inconsueto che risulta saporito ma molto bilanciato, grazie anche al mix di spezie.

Ho apprezzato anche il dolce, fresco e non troppo elaborato, come piace a me: un crumble con fette di pesca, noccioline e gelato al caramello salato. Il pane è fatto in casa e c’è una bella selezione di vini di piccoli produttori e birre artigianali. La formula della condivisione è interessante, ma su alcuni piatti tipo i crostini funziona di meno.
A parte questo è un locale consigliatissimo, con anche un ottimo rapporto qualità prezzo. Dovessi tornare a Porto, prenoterei di nuovo senza dubbio qui.

 

Autore

Chiara Zaccarelli
Chiara Zaccarelli
Non sono nata a Milano ma ci vivo da più di 20 anni e la sento al 100% “mia”. Mi muovo prevalentemente a piedi, il che mi ha permesso, passo dopo passo, di scoprire luoghi bellissimi e poco conosciuti della mia città. Mi fermo solo quando mi viene fame (e succede spesso), per questo conosco tutti posti in cui mangiare e spesso elargisco consigli ad amici che mi chiedono dove andare a cena. Quando mi resta tempo scrivo di cibo, viaggi e benessere.