Seleziona una pagina

Nel monregalese noi siamo di casa.
Dalla provincia sud di Torino è raggiungibile in poco più di mezz’ora, è a metà strada verso Savona e la riviera di Ponente ed è perfetta come soluzione alternativa alla coda in autostrada o per una tappa gastronomica in itinere: il monregalese ha paesaggi collinari bellissimi, come Langhe e Monferrato, ma a differenza di questi e proprio come la contigua Alta Langa, è ancora poco battuto e più autentico.

Un percorso nel monregalese gastronomico e roman(t)ico.

Le colline intorno a Mondovì sono disseminate di veri e propri tesori di arte sacra romanica e gotica: già nel Medioevo questa era infatti una delle Vie del Sale, dalla Liguria al Piemonte, e spesso queste chiese, oltre ad offrire ospitalità e asilo per pellegrini e viandanti, svolgevano con i loro affreschi colorati e naif il ruolo di “biblia pauperum”, racconti biblici per immagini che affascinano ancora oggi come un tempo.

Per ogni cappella, pieve o chiesa vi consiglieremo un ristorante o una trattoria dove assaggiare la cucina piemontese più schietta e verace, spesso anche rivisitata in mondo interessante.

Per concludere, vi forniremo un apparato di consigli per gli acquisti gastronomici: perché questa è la terra delle paste di meliga, tra le più buone del Piemonte, del Rakikò, della Bala d’Asu e delle risòle, da acquistare e portare a casa.
Curiosi di sapere di cosa stiamo parlando? Partiamo insieme per “Mont ëd Vich”.

Dove mangiare la migliore fassona al di là del Tanaro: la trattoria Vecchio Mulino

Vent’anni prima della scoperta dell’America e quando a Firenze si iniziava a respirare aria di Rinascimento, qui nelle valli piemontesi quasi al confine con la Liguria era ancora pieno Medioevo. La data che riporta il ciclo di affreschi meravigliosi nella chiesa di San Fiorenzo nel comune di Bastia Mondovì è effettivamente il 1472, ma rimangono tanti dubbi e misteri legati agli autori delle pitture e anche ai soggetti, in particolare quel San Fiorenzo a cui è dedicato, un probabile martire locale, praticamente sconosciuto altrove. La cui vita è rappresentata qui insieme a quella di Sant’Antonio Abate, molto popolare in zona, e immagini varie della Gerusalemme Celeste e l’incoronazione della Vergine, delle Opere di Misericordia” e dell’Inferno con la “Cavalcata dei Vizi”.
Affidatevi al racconto semplice ma esperto di uno/a dei/lle volontari/e che alla domenica pomeriggio (15-18) accolgono i visitatori per farvi trasportare in quel Medioevo un po’ truculento e oscuro: 326 mq di affreschi del secolo XV che rappresentano il ciclo più esteso del Piemonte, ripartiti in 51 riquadri, più le figure nel presbiterio, incorniciati da fregi.

Dopo la visita a San Fiorenzo, qualche curva sulla strada fondovalle del Tanaro e poco oltre quel fiume che con le sue inondazioni ha spesso sconvolto questi territori, ecco il Vecchio Mulino, una vera trattoria di famiglia: mamma Monica e genero Michele in sala, papà Roby alle carni e al braciere/i (uno interno per l’inverno, uno esterno per l’estate), la figlia Marika, giovanissima, in cucina e dedicata soprattutto alla pasticceria. Che qui è a un livello superiore rispetto al semplice dessert di fine pasto.

Prima di arrivare al dolce dovrete assaggiare una delle loro specialità alla griglia: vitelle di Fassona allevate e trattate da una famiglia di macellai fuori classe, Alessio Revelli e dai suoi figli nella frazione Roapiana di Monastero Vasco. Prima della griglia? Un piatto di antipasti misti, dove non manca mai la battuta di fassona, tra le migliori mai assaggiate, o un primo di pasta fresca. Per poi lasciarvi un ricordo dolcissimo con il dessert.
Seguiteli anche sui social e segnatevi quando fanno il fritto misto (alla piemontese), solitamente una domenica al mese nella stagione fredda da ottobre a marzo: uno dei migliori della Provincia Granda e il motivo per cui, tanti anni fa, io scoprii questa trattoria.

  • Chiesa di San Fiorenzo
    Strada Provinciale 126, 12060 Bastia Mondovì CN
    Tel.: + 338 439 5585
    Visitabile la domenica pomeriggio: 15-18
  • Trattoria Vecchio Mulino
    Via Fondovalle Loc. castellaro, 12060 Niella Tanaro CN
    Tel. + 0174 226414
    Aperto alla sera dal giovedì al lunedì. Sabato e domenica anche a pranzo

L’osteria 2.0 al Cavallo Rosso a Villanova Mondovì

Una deviazione dalla statale che scorre a fianco del ruscello Ellero e una breve salita, tra prati incolti e mucche al pascolo, da percorrere per raggiungere la Pieve di San Maurizio, a Roccaforte Mondovì, una piccola cappella di montagna dedicata a San Maurizio: cavaliere e santo molto venerato in Piemonte e amato dai Savoia che decisero molto probabilmente di dedicare a lui la cappella che in origine era di San Pietro. Dal mese di Luglio 2020 la pieve, una delle più antiche del Piemonte, è liberamente visitabile utilizzando l’app Chiese a porte aperte e una volta dentro una voce vi illustrerà la storia e gli affreschi con l’accensione correlata di illuminazioni direzionali

Nelle due absidi ci sono il Cristo Pantocratore nella mandorla, i Serafini con i simboli dei quattro Evangelisti, Gesù arrestato e baciato da Giuda e il ciclo biblico della Genesi con l’Albero del Bene e del Male, il serpente, Adamo ed Eva, e l’offerta di Abele. C’è anche un gatto rosso vivo e vegeto: spesso sul muretto di fronte la cappella ma con anche un cuscino all’interno. Il vero custode qui è lui.

Riprendete la macchina e a meno di cinque minuti nel centro di Villanova Mondovì, quasi di fronte al Municipio e nei locali di una vecchia Società di Mutuo Soccorso, troviamo l’osteria Cavallo Rosso, con questa gestione da oltre dieci anni.
Una cucina più da ristorante che da osteria con un’ampia e ottima cantina, piatti curati incentrati per lo più sulla tradizione con qualche scostamento per i piatti di pesce dalla vicina Liguria realizzati in ogni caso in modo soddisfacente.
Battuta al coltello con toma di capra, prosciutto cotto al forno (di loro produzione) con salsa tartara, tajarin al ragù, ravioli al ristretto di stinco, anche se forse uno dei piatti che abbiamo apprezzato di più è stato il risotto con zafferano biologico di Roccaforte Mondovì e gli asparagi. Ottimi anche i dolci: tortino fondente al cioccolato e semifreddo allo zabaione e paste di melighe da ricordare.

  • Pieve di San Maurizio
    12088 Roccaforte Mondovì CN
    Sempre visitabile con Chiese a Porte Aperte
  • Osteria Cavallo Rosso
    Via A. Orsi, 15 12089 Villanova Mondovì (CN)
    Tel. + 0174 597611
    Aperto pranzo e cena. Chiuso il martedì

Dove mangiare nei pressi della cupola di Vicoforte: la Trattoria Marsupino

Vicoforte è forse il luogo di culto più celebre di tutto il monregalese, proprio per quella cupola: la più grande al mondo di forma ellittica, un capolavoro del barocco piemontese che qui prende il posto di romanico e gotico monregalesi.

Una cupola incredibilmente scenografica, a dispetto dei mattoni essenziali all’esterno, che oggi è possibile visitare con un’esperienza a 360° imbragati e sospesi a 60 metri sulla sommità della cupola come su una parete di roccia. È Magnificat, un percorso organizzato dall’impresa culturale Kalatà, grazie alla quale dall’alto è possibile ammirare, tra l’altro, lo splendido panorama sulle Langhe e l’arco alpino intorno al Santuario.

Una delle strade più suggestive per arrivarci, quella in cui a un certo punto spunta la cupola, è da Briaglia ed è proprio in questo paesino di 300 abitanti, con un passato di preistoria e battaglie napoleoniche, trovate uno dei luoghi più interessanti della gastronomia monregalese: la Trattoria Marsupino.

Una storia di famiglia arrivata alla quarta generazione con l’attività ormai nelle mani giovani e creative dei tre figli: Matteo, con papà Pier che continua a operare in cucina, Luca con la sorella Paola in sala. Le verdure provengono direttamente dall’orto, la carne di fassona orgogliosamente locale, un po’ di pesce dalla vicina Liguria. Iniziate con il tradizionale Vitel tonné o con l’insalata di trippa di vitella e verdure in agrodolce, per proseguire con i tortelli di faraona al ragù di lenticchie di S. Stefano o tartufo nero o gnocchi di patate con pesto di aglio orsino e bra duro.
Ci sono anche le lumache Pomatia, in spiedino con crudo di Cuneo e salvia, misticanza al gin e salsa di yogurt e erba cipollina e i gamberi di Sanremo con animelle di vitello, mandorle e zucchine, ma qui, dal 1985, si finisce con un semifreddo al torrone Relanghe con zabaione al marsala preparato a bagnomaria, tanto vintage quanto confortante.

Se volete fermarvi a dormire, sappiate che ci sono cinque camere e due suite ricavate nell’adiacente palazzotto di fine ‘800 per assaporare l’accoglienza della famiglia Marsupino, anche il giorno dopo a colazione.

Mangiare sostenibile nel monregalese: Casa Colet

Casa Colet è il sogno agricolo e sostenibile di una giovane coppia, Alessandro e Valentina con alle spalle studi e professioni distanti dall’agricoltura e dalla ristorazione, ma che decide a un certo punto della loro vita di tornare in quelle colline a cui è legata l’infanzia di Valentina. Ristrutturano un vecchio ciabòt (capanno rustico) e avviano un’attività agricola non ancora biologica, ma in itinere, portata avanti in campi collinari che si alternano a boschi e pascoli di Fassone imponenti.

Ci troviamo nel monregalese più verde, quello che sale verso Frabosa: qui, dopo tre anni di azienda agricola, ora quelle materie prime locali sono valorizzate da Enrico Rusolen, chef di 34 anni, che dopo esperienze a Milano e Copenaghen è tornato in Piemonte, dove è nato e cresciuto.
Pranzo o cena con menu fisso, 5 piatti puliti, originali, buoni: noi abbiamo amato soprattutto la battuta di Fassona (anche qui l’origine illustre è Revelli di cui sopra) con vellutata dei loro fagioli borlotti, fagioli fritti e bulbi di aglio orsino, l’arancino di risotto alle ortiche e acetosella, i dim sum con trota affumicata di San Biagio di Mondovì e il bignè craquelin con crema diplomatica al sambuco e fiori di trifoglio.

Pane, grissini, taralli e cracker di loro produzione, vini naturali e per lo più biologici, un’incredibile cura dei dettagli nei piatti e negli interni pieni di objects trouvés: Anche nel bagno dove trovate tutti, ma proprio tutti, gli indispensabili. Se mangiate fuori: balle di paglia come sedili e la vista bucolica di vacche e colline.

Prendete la macchina e tornate verso Mondovì: una città fatta di tanti borghi. I principali: Carassone, quella più centrale con i negozi, il comune e il Tanaro, e Piazza, la parte alta e panoramica, raggiungibile anche con la teleferica. Sulla strada di Vico, appena usciti dall’abitato di Mondovì Piazza, con una facciata anonima e che non vi farebbe venire voglia di fermarvi, una chiesa, Santa Croce, con un interno incredibile: un unicum in Europa per la pittura gotica murale, per l’estensione degli affreschi (55m2 totali), per i temi trattati e la ricchezza di figure simboliche.
Anche questa cappella è visitabile in autonomia tramite il progetto e app: “Chiese Porte Aperte”.

  • Casa Colet
    Frazione, Via Marenchi, 24, 12080 Monastero di Vasco CN
    Tel. + 340 951 5302
    Aperto venerdì e sabato sera e domenica pranzo. Giovedì sera aperitivo agricolo.
  • Cappella di Santa Croce
    Via di Santa Croce 12084 Mondovì Piazza CN
    Sempre visitabile con Chiese a Porte Aperte

Shopping gourmet dal monregalese: quattro consigli per i vostri souvenir gastronomici.

  • Si parte dalle paste di meliga. Biscotti fragranti e profumati di burro nati in val Casotto, per superare, sembra, il problema dei raccolti spesso scarsi di frumento, aggiungendo alla farina di frumento quella meno pregiata di mais. È vero: in Piemonte si trovano anche altrove (Canavese e Biellese), ma quelle ruvide e oblunghe del monregalese sono tra le migliori in assoluto e sicuramente le mie preferite. Tre marchi per non sbagliare.
  1. Una scatola dall’iconico blu cobalto e giallo mais per paste di meliga prodotte dal 1925 dall’azienda Lisbona Tomatis a Pamparato, in val Casotto. Farina di mais, uova, burro e zucchero e disponibili oggi in sette versioni: normali, senza zucchero, integrali, solo mais, farro, kamut, nocciola.
  2. Le paste di meliga più giovani sono invece quelle del Biscottificio di Pamparato®. Nomen omen: Giusi e Cristiano, genovesi, hanno deciso di buttarsi nel mondo dei prodotti da forno nel 2012 proprio a Pamparato: latino Panis Paratus, ossia pane pronto, un luogo generoso e dal tempo lento, come quello necessario per preparare i biscotti: farina di mais qualità “ottofile” e anche senza zuccheri aggiunti, integrali, con cioccolato e con confettura.
  3. Ultima segnalazione a tema melighe è l’antica Panetteria e Pasticceria Nasi proprio nel centro di Pamparato: una storia di pani e biscotti che nasce nel 1887 mantenendo fino ad oggi intatte ricette e ingredienti.
  • Consiglio numero 2: il Rakikò. Acronimo un po’ esotico e genuino di Rabarbaro, Kina e Kola, anche se c’è chi sostiene che l’ultima sillaba stia per Komino, cioè Comino, che ne è stato appunto l’inventore. La Confetteria Comino a Mondovì Breo era dove a cavallo tra ‘800 e ‘900 veniva servito questo infuso non troppo amaro e moderatamente alcolico di erbe digestive.

  • E ancora: le risòle, mezze lune di sfoglia sottile e ripiene originariamente di composta di mele renette, che proprio Francesco Comino creò dopo un viaggio in Provenza ispirandosi alle rissoles francesi. Tipiche un tempo del Carnevale oggi sono disponibili tutto l’anno e anche con altri ripieni: oltre che Comino, io vi consiglio quelle del Panificio Pasticceria Terreno o della Pasticceria Odasso (le mie preferite).

  • Infine: Bala d’Asu. Un nome che non lascia dubbi: un insaccato, simile al cotechino, con l’impasto però misto di carne di asino, mucca e maiale tritata, drogata e insaccata nella trippa di vitello in una forma che richiama i testicoli dell’asino. Tipico del paese di Monastero di Vasco, famoso per l’allevamento di asini già nel ‘600: consumato un tempo soprattutto per la festa della Cuncepta (Immacolata Concezione: l’8 dicembre) e nei mesi di novembre e dicembre, oggi è disponibile tutto l’anno.
    Anche per la Bala d’Asu direzione obbligata Macelleria Revelli, che, rispettando la ricetta originaria, ne ha semplicemente elaborata una confezione precotta sotto vuoto per velocizzarne la preparazione da parte del cliente e per una più lunga conservazione.

Autore

Giorgio Pugnetti
Giorgio Pugnetti
Si mangia per vivere, ma soprattutto si vive per mangiare. Per leggere, andare al cinema, raccontare, viaggiare. Adoro il rosa, i gnocchi, i dolci alla ricotta e andare in almeno una di queste cinque mete – Sicilia, Giappone, Londra, Napoli, NYC – una volta l'anno.