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Destinazione Siviglia. E una scelta quasi per caso: tutto è nato grazie a una rivista monotematica sull’Andalusia, che mi ha spinto ad approfondire una regione che avevo sempre escluso perché torrida d’estate, e quindi difficile da visitare, o, si dice, troppo turistica. E noi cerchiamo località meno note.

Quando siamo arrivati a Siviglia il cielo era azzurro, e ci ha accompagnato tutta la settimana insieme a un’aria tiepida: insomma, il viaggio in Andalusia e a Siviglia iniziava sotto i migliori auspici.
A Siviglia, prima tappa della nostra settimana andalusa, abbiamo dedicato due giorni e mezzo ma ne avremmo aggiunto volentieri un terzo perché la città ci ha conquistato.

Da una parte palazzi, chiese e case nobiliari di una bellezza e di una ricchezza artistica difficilmente descrivibili a parole, dall’altra la passione del (buon) cibo da colazione a tarda sera con un’offerta variegata che a pasticcerie e taverne storiche si sono aggiunte negli ultimi anni panetterie gourmet, dal gusto nordico, e accoglienti tapas bar di design: tutti accomunati da un rapporto qualità/prezzo interessante.

Se vi fermate per un weekend vi consiglierei di dedicare un giorno al classico e l’altro al contemporaneo.

Dove mangiare a Siviglia: dalla colazione alla cena

  • La prima giornata sevillana, quella classica, inizia con la colazione nella pasticceria più storica e ricca di fascino di Siviglia, La Campana, fondata nel 1885: un bancone/vetrina in legno e marmo bianco talmente lungo che vi occorrerà percorrere tutta la pasticceria per ammirarne l’assortimento: dai chantilly, sorta di éclairs aperti ricchi di panna montata, ai piononos, piccoli rotoli di morbida pasta biscotto ripieni di crema pasticcera consistente e profumata di vaniglia e limone, dalla frutta intera candita alle loro specialità secche (e quindi ottime anche come souvenir gastronomico) come la torta de aceite (all’olio) e i polvorones (biscotti speziati alle mandorle tipici del periodo di Natale), praline e cioccolato, oltre agli immancabili torrejas e pestiños preparati però solo durante la Semana Santa.

Noi abbiamo mangiato piononos e polvorones a colazione, ma sappiate che i sevillanos, e gli andalusi in generale, la colazione la fanno con cafè con leche e pan y tomate, o al massimo con un croissant à la plancha, ovvero tagliato in due e passato sotto il grill. E i dolci li lasciano per la merenda o per la fine del pasto proprio come noi italiani.

  • Dopo colazione, è d’obbligo la visita alla vicina Casa do Pilates: ancora abitato al primo piano, è un esempio di palazzo nobiliare andaluso e offre un perfetto mix tra lo stile rinascimentale italiano e quello mudéjar, per proseguire poi con l’Alcazar di cui dovete necessariamente prenotare il biglietto on-line e di cui vi consigliamo la visita nel primo mattino o poco prima della chiusura per godervi al meglio quella è la versione terrena del paradiso con i suoi patios e baños istoriati in stile mudéjar e gotico e i suoi immensi giardini con gli immancabili aranceti, siepi, vasche e fontane.

  • Las Teresas, nel cuore del Barrio Santa Cruz, il vecchio quartiere ebraico della città, è il posto perfetto per un pranzo veloce dopo i km percorsi all’Alcazar: una taverna frequentata dai sevillanos che amano quella sua atmosfera buia e distaccata.

Il soffitto colmo di jamons ibericos appesi, oltre ad essere molto scenografici, assicurano – con l’indicazione dei prestigiosi produttori Jamón Ibérico de Bellota Castro Y Gonzales e 10 Vetas – che il prosciutto crudo è doc, ma le loro specialità sono però soprattutto di mare: tonno e pesce spada alla piastra, tortillita de camarones e i fritti: gli anelli di calamaro con una panatura leggera e non unta e la consistenza morbida della ‘carne’ sono stati tra i migliori assaggiati durante il nostro viaggio andaluso. Accompagnateli con un calice di vino rosso o sherry secco: ottimi e ad un prezzo interessante.

  • Dedicate il pomeriggio alla visita della Cattedrale, una delle più ampie della cristianità, e del suo campanile, la Giralda, che conserva il suo passato di minareto, e con una passeggiata nei Jardins de Murillo e nel Parque de Marìa Luisa raggiungete il centro sociale e ricreativo della città: la Plaça de Espana, ovvero quel che resta dell’Esposizione iberoamericana di Siviglia del 1929; uno spazio semicircolare in cui si incontrano lo stile rinascimentale, barocco e mudéjar ma che colpisce soprattutto per il contrasto tra i mattoni rossi e il blu degli azulejos e del canale che la circonda.
    Per quanto la piazza sia turistica, sedendosi si può ammirare, soprattutto durante i giorni di festa, uno spaccato di vita sociale sevillana fatta anche di balli popolari e flamenco in assoluta libertà.

  • Per la cena il primo indirizzo da segnare è Catalina Casa de Comidas y Más: uno dei primi ristoranti Slow Food della città dove assaggiare i piatti tipici della cucina andalusa, con prodotti agricoli a km0 e certificati, contaminati con sapori e ingredienti più internazionali. Il piatto migliore? Il risotto con anatra confit, patè de foie e miele: cottura perfetta del riso e una mantecatura come caramellata con il patè e il miele.

Dolci di loro produzione ottimi e golosi: se dovete sceglierne uno, prendete la torreja; tipica della Semana Santa è una versione sevillana del french toast, umida e soffice è servita con una pallina di gelato e sciroppo alla cannella. In sala un servizio attento ma informale e noi soddisfatti e inebriati da una sangria molto alcolica con brandy rosso e Cointreau.

  • La colazione del secondo giorno parla francese e da La crème de la crème i croissant con crema alle mandorle, ma anche quelli semplici al burro, le croccanti palmeras di sfoglia, le morbide trecce con crema e cioccolato provengono direttamente dal laboratorio interno di pasticceria; poltrone vintage in velluto rosso, atmosfera intima e raccolta e ottimi pasticcini arabi con frutta secca e miele da accompagnare, anche nel pomeriggio, a un tè alla menta o una tisana.

La pasticceria si trova proprio alle spalle di uno degli edifici più contemporanei e discussi della città: il Metropol Parasol, più noto come Setas (funghi) de Sevilla. Una struttura ondulata interamente in legno progettata nel 2011 dall’architetto tedesco Jurgen Mayer, con l’obiettivo di rivalutare plaza de l’Encarnacion e fornirle ombra nella torrida estate sevillana.
Dentro, un mercato dove fare anche spuntini o pranzi veloci nei numerosi tapas-bar, e l’area archeologica, l’Antiquarium, emersa con gli scavi per il Parasol, visitabile: ritornateci, se potete, al tramonto (è aperto fino alle 22:30), incredibile la vista in tutte le direzioni fino alla Giralda e al fiume Guadalquivir.

  • La prossima meta è l’Isla de la Cartuja: un piccolo isolotto sul Guadalquivir che nel 1992 ospitò l’EXPO; oggi proprio nello splendido Monastero de la Cartuja del 1400 che accoglieva Cristoforo Colombo nei suoi soggiorni in città, che fu tra l’altro anche nell’800 una fabbrica di ceramiche e durante l’Expo il padiglione della Spagna, è allestito il CAAC, ovvero il Centro Andaluso di Arte Contemporanea che merita una visita.
    Poco distante un altro retaggio dell’Expo 92: il Padiglione della Navigazione, riaperto nel 2005 e incentrato sul racconto, anche con installazioni multimediali, della storia della navigazione, la vita di bordo e i marinai.
    Nelle vicinanze i rilassanti Giardini Americani a lato fiume sono una location perfetta per un pic-nic all’aria aperta.

  • Diversamente potete ritornare in città per scoprire un altro ottimo bar, il Bar Europa, il cui aspetto non rende giustizia alla qualità delle sue tapas: i bignè ripieni di paté de foie con cioccolato e marmellata di arance amare sivigliane ne sono l’esempio più palese, ma noi abbiamo anche assaggiato dei croccanti cartocci di pasta fillo con scampi e pesto di rucola dal gusto deciso e quasi piccante, della tenerissima coda di toro (rabo de toro) stufata su purè di patate, e del baccala confit su peperoncini gialli in agrodolce. Anche qui ottimi vini a prezzi più che contenuti, come del resto le tapas.

Dove mangiare a Siviglia nei quartieri di Triana e Macarena

Il pomeriggio può essere dedicato a un’esplorazione rilassata e casuale di uno dei due quartieri più alternativi di Siviglia: Triana e Macarena.

Triana veramente era alternativo qualche secolo fa: qui ci abitavano marinai, zingari e operai ed è diventato famoso per aver dato i natali a diversi toreri e ballerini di flamenco. Da vedere le sue chiese barocche, ma da vivere è soprattutto la sua via principale Calle Betis con i suoi caffè e taverne.

  • Se è l’ora della merenda – per gli orari spagnoli quasi quelli della cena italiana – dirigetevi verso MANU JARA, un piccolo gioiellino in legno e maioliche dove la pasticceria francese, quella del suo fondatore Manuel Jara classe 1966, incontra i gusti e gli ingredienti spagnoli: monoporzioni, chantilly e fette di millefoglie.
    La loro specialità è la cioccolata calda profumata alla vaniglia e alla cannella: noi l’abbiamo abbiamo accompagnata a una millefoglie con crema chantilly fragrante e leggera.
    La cioccolata è in vendita in polvere in bottigliette in vetro e un’iconica etichetta blu elettrico (lo stesso delle maioliche) che noi naturalmente abbiamo acquistato per replicare i desayunos sevillanos a casa.

  • Se invece è ora di cena potete decidere di rimanere in zona per una cena molto rustica a Casa Cuesta, dove avere una delle più autentiche esperienze culinarie sivigliane: specchi retrò e manifesti di corride e ballerine di flamenco sono il setting perfetto per una cena a base di salmorejo, una zuppa fredda con pane, pomodoro, olio e aglio rifinito con uova soda e prosciutto crudo o con gli spinaci stufati con i ceci e cumino, ordinabili sia come tapas che come raciòn (piatto).
  • L’altro quartiere dove perdersi è La Macarena, che deve il suo nome alla Basilica Macarena, poco significativa da un punto di vista artistico e architettonico (molto più belle nel quartiere le chiese di San Gil, Santa Marina e San Marcos), dove è custodita la famosa statua della Vergine della Speranza portata in processione, insieme ad altre figure della Vergine e di Cristo, durante la Semana Santa e in particolare nella mattina del Venerdì Santo.
  • L’altro centro del quartiere è il mercato, o meglio i mercati: oltre infatti al mercato alimentare Feria, che è il più antico a Siviglia e dove a La Cantina si mangia, secondo i locali, il miglior pesce fritto della città direttamente dal banco del pesce.
    Il mercato più suggestivo è il mercato di El Jueves (tutti i giovedì, tranne il Giovedì Santo, dalle 7:00 alle 15:00), una sorta di mercato delle pulci che risulta essere il più antico mercato ancora operativo di tutta Europa: vi trovate libri, giocattoli, stoviglie, ma anche vestiti e accessori di seconda mano.
  • La cena a questo punto potrebbe essere nel secondo tapas bar della città che abbiamo amato, il MamarrachaInterni di design con legno chiaro, piastrelle cangianti e un giardino verticale a parete a fare sfondo alla vostra cena. Iniziate con un mini gin tonic o un Vermut El Bandara, per poi assaggiare un po’ di tapas di verdura, carne e pesce. Sono tutte cotte sulla brace del forno Josper e sono la specialità del locale.
    Se amate la contaminazione ordinate le melanzane affumicate glassate con miso, miele, yogurt e sesamo dalla perfetta consistenza morbida e compatta insieme e un concentrato di gusto nipponico, oppure gli scampi alla griglia con maionese allo sherry o ancora le cozze con cipolla rossa, coriandolo e peperoncino verde..

Forse proprio le cene alla Mamarracha o da Catalina Casa de Comidas y Más sono la chiave per comprendere il nostro innamoramento gastronomico della città: una cucina semplice e tradizionale che sa però contaminarsi proprio come quella di grandi città come Berlino o Londra senza snaturarsi troppo. E rimanendo, anche con vini e cocktail in accompagnamento, economicamente interessante.

Vorremmo spesso, anche nei ristoranti qui in Italia, poter assaggiare un po’ tutto il menu scegliendo i piatti in forma di tapas: resta un sogno e resta soprattutto il desiderio di ritornare presto, ma sempre fuori stagione, nella templada (tiepida) e amada Sevilla.

Autore

Giorgio Pugnetti
Giorgio Pugnetti
Si mangia per vivere, ma soprattutto si vive per mangiare. Per leggere, andare al cinema, raccontare, viaggiare. Adoro il rosa, i gnocchi, i dolci alla ricotta e andare in almeno una di queste cinque mete – Sicilia, Giappone, Londra, Napoli, NYC – una volta l'anno.