Pasquale Polito, fondatore del Forno Brisa di Bologna, ha due caratteristiche: è indisciplinato, nel senso più bello del termine, e ha una grande capacità di raccontarsi.
Per la nostra rubrica Dove mangiano gli chef oggi abbiamo parlato con lui, in una chiacchiera fatta di radici, di Abruzzo e di Bologna.
Pasquale, sei un fornaio, un imprenditore, un uomo che ha a cuore il territorio e l’agricoltura: come hai scelto di fare il lavoro che fai?
Grazie per tutte queste definizioni: quando mi chiedono cosa faccio, rispondo dicendo che sto imparando giorno per giorno, divertendomi.
Porto avanti un grandissimo lascito: ho ereditato dei geni da mio padre che mi hanno dato una necessità primaria, quella di fare da mangiare o dare da mangiare.
È il mio modo di amare e di godere della felicità altrui.
Ora Forno Brisa ha 3 anni e 4 punti vendita: qual è il riconoscimento più grande che hai avuto?
Eh, arriva prima del Forno. Facevo il tirocinio da Davide Longoni: dopo poche settimane Davide mi ha citato nel suo libro, scrivendo che l’allievo avrebbe superato il maestro. Qui non si tratta di nessuno che supera nessuno, non è proprio nella mia cultura, ma in quel momento mi ha dato un senso di fiducia e un appagamento enormi per gli sforzi che stavo facendo. Mi ha dato una tale dose di energia che ancora oggi non mi fermo un secondo 🙂
Usciamo dal Forno e andiamo al ristorante: qual è il piatto più buono che hai mai mangiato al ristorante?
Qui esce fuori la mia parte indisciplinata, ma solo perché sono sincero: il piatto più buono che ho mangiato era l’uovo al pomodoro che faceva mio padre.
Però mi ricompongo e ti dico: un piatto a cui sono molto affezionato è la panzanella di Daniele Citeroni dell’Osteria Ophis, a Offida.
La preparano con cubetti di pane vecchio immersi in un estratto di pomodoro, cetrioli e altre verdure, servito in un bicchiere da Martini: semplice ma memorabile, un grande esempio di reinterpretazione di un piatto povero.
Veniamo a Bologna, la città che hai scelto per vivere e lavorare: ci dai dei consigli su locali da non perdere?
- Il ristorante da provare è la Trattoria di via Serra, perché sei anche un po’ a casa.
- Per bere l’Americano più buono del mondo, dovete andare da I Conoscenti: fanno anche una cucina tradizionale e contemporanea con cui mi sento in sintonia
- Poi ancora: Berberè pizzeria, Ruggine. Fermarsi a tre posti per la mia città è impossibile!
Ah ah, lo immaginiamo, e quindi dove ci porti?
Andiamo a Firenze: qui dovete andare da Ditta Artigianale per la colazione. Il caffè, come il pane, è stato bistrattato per anni, ed è merito di questa caffetteria contemporanea se in Italia il caffè è stato rivalutato.
Per i panini: di sicuro da ‘Ino di Alessandro Frassica. Quando sento parlare di gourmet penso solo a lui. Poi un panino dal lampredottaio vicino al ristorante di Fabio Picchi, altrimenti è come non essere stati a Firenze
Torniamo a Bologna: qual è la zona che non possiamo perdere?
Torno a essere indisciplinato, e do un consiglio che prescinde dalla città: fate un po’ di deriva urbana, porta sempre a delle scoperte incredibili. Bisogna camminare senza meta e senza senso, solo osservando. Scoprirete che anche la città che conoscete come le vostre tasche è da scoprire. Basta cambiare mezzo angolo del proprio punto di vista e cambia tutto: la città è già un’altra.
Pasquale, cosa dobbiamo mangiare se veniamo a Bologna?
Di sicuro i tortellini in brodo. Meglio invece non andare in Abruzzo, da dove arrivo, ci sarebbe da scrivere un libro.
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- Ciao, siamo Mariachiara, Giulia e Tommaso: facciamo guide e consigli pratici da consultare per chi ha fame di cose buone a tutte le ore, per godere del viaggio in ogni momento.