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Quest’anno ho trasformato in realtà uno dei miei più grandi desideri di sempre: visitare l’Islanda.

È stata una decisione presa in fretta e con la complicità di una mia cara amica geologa, che condivide con me la passione per il Nord Europa. Durante i preparativi e le prenotazioni, dentro di me cresceva l’ansia positiva di quando aspetti le cose belle. Del resto, sognavo di visitare questo Paese da quando, nel 1994, avevo visto in TV allo Zecchino d’Oro una bimbetta biondissima, venuta proprio da quel posto così lontano, che cantava “I folletti d’Islanda”.

Ma bando alle ciance, perché ho tanto da raccontarvi: dai paesaggi che mozzano letteralmente il fiato, alla costante compagnia del vento, dalle strade di Reykjavik ai piatti tipici islandesi da provare almeno una volta, ecco tutto quello che non dovreste perdervi in Islanda.

Cosa vedere in Islanda: geyser, cascate, arcobaleni, natura selvaggia e… pecore!

Uno dei motivi per visitare l’Islanda è di certo la natura, che domina questo luogo sotto forma di ghiacciai, tundra, vulcani, geyser, cascate, pioggia e vento, tantissimo vento, anche ad agosto. Gli insediamenti sono concentrati lungo le coste, mentre il centro dell’isola è poco o per niente abitato: un anello stradale, la Route 1 o Hringvegur, è la principale via di collegamento dalla quale si diramano altre strade secondarie.

Percorrere la Route 1 è un buon modo per scoprire l’Islanda, specialmente se è la prima volta che visitate il Paese e se, come nel mio caso, vi spostate in pullman (per addentrarsi nell’interno ci vuole l’auto). Potrete approfittare degli spostamenti per guardare fuori dai finestrini e ammirare il paesaggio: non meravigliatevi della quantità di pecore al pascolo che vedrete, sono ovunque, e spesso, nei tragitti a piedi che conducono alle cascate o ad altri luoghi, capita di imbattersi in cancelli da aprire e richiudere per impedire al bestiame di uscire dai recinti.

Dopo l’arrivo a Keflavík, la prima tappa del mio viaggio è stata la capitale islandese ed è proprio da qui che voglio cominciare a parlarvi delle bellezze da visitare e, soprattutto, della tradizione culinaria e dei piatti che ho provato personalmente (ma anche di quelli che invece non ho assaggiato).

Cosa vedere a Reykjavik e dintorni

Il fascino di Reykjavik è dato da un insieme di elementi, come le case colorate, le vie in salita, il corso principale che (ad agosto) brulica, non soltanto di turisti, la baia e il porto con le imbarcazioni: su tutto, riverbera la luce fredda del Nord. In estate, il sole indugia sulle pareti di vetro e acciaio dell’Harpa, la sala concerti situata accanto al porto, creando giochi meravigliosi con la superficie dell’acqua: Reykjavik mi ha accolta così, tanto per non passare inosservata.

Lungo la Sæbraut, la strada che costeggia il mare e conduce verso l’Harpa e il porto, potrete ammirare anche la Sólfarið o Sun Voyager, la scultura di Jón Gunnar Árnason che rappresenta una imbarcazione e che apre questo articolo.

La chiesa luterana di Hallgrímur

Vero e proprio edificio simbolo della capitale, Hallgrímskirkja, la chiesa di Hallgrímur, domina Reykjavik con i suoi 74,5 metri d’altezza. È un po’ come San Luca per i bolognesi, passatemi il paragone, nel senso che la potete vedere da ogni punto della città e questo può aiutare chi non ha molto senso dell’orientamento a trovare la strada giusta anche senza Google Maps. E sì, è ovvio, io sono una di queste persone: quando viaggio da sola non ho problemi, ma in compagnia mi dimentico di memorizzare i percorsi (i negozi, a volte, me li ricordo!) e potrei finire chissà dove.

Devo ammettere che, dal vivo, la chiesa di Hallgrímur ha una imponenza straordinaria, che mi ha lasciata di stucco, mentre all’interno è minimale, quasi spoglia. Se ne avete l’occasione, salite sul campanile per godere di una splendida vista su tutta Reykjavik e sui dintorni.

Il Museo Nazionale e Þingvellir Park

Se avete tempo a disposizione per esplorare la città e i suoi dintorni, da non perdere è sicuramente il Museo Nazionale Islandese, che ospita una collezione permanente e un’esposizione fotografica, più una serie di eventi stagionali distribuiti nel corso dell’anno. A meno di 50 km dalla capitale, infine, c’è Þingvellir Park, patrimonio dell’Unesco, una meraviglia assoluta che vi regalerà un’immersione nella storia islandese: già, perché proprio in questo luogo, nel 930 d.C., fu fondato il parlamento più antico del mondo. In tempi più recenti e meno gloriosi, invece, ma comunque degni di nota per tutti gli appassionati della serie (compresa la sottoscritta), nel parco sono state girate alcune scene di Game of Thrones.

Cosa mangiare in Islanda: piatti tipici e dove trovarli

Beh, che ve ne pare di questo itinerario? Mi rendo conto solo ora, però, di non aver ancora toccato un argomento fondamentale, ovvero dove fermarsi a mangiare e con cosa rifocillarsi. Per prima cosa, vorrei contribuire a sfatare un mito: non è vero che in Islanda si mangia male, anzi! Lungo la costa, il pesce fresco è praticamente la norma: merluzzo, salmerino, haddock (eglefino), ma anche scampi, soprattutto nella cittadina di Höfn, dove ogni estate si tiene un festival dedicato a questo crostaceo.

Come accade anche in altre parti del mondo, alcuni piatti tradizionali hanno sapori forti e particolari, altri non incontrano il nostro gusto, ma ci sono tante ricette islandesi davvero ottime. Se non volete assaggiare il famoso squalo fermentato, il Kæstur hákarl, non siete certo obbligati, ma se proprio ci tenete, lo trovate al mercato Kolaportið, a Reykjavik. Io ci ho pensato su per un paio di giorni, poi ho deciso che non mi sentivo pronta a fare il grande passo!

La stessa cosa è accaduta con il pesce essiccato, Harðfiskur, meno traumatizzante ma ugualmente poco convincente. Pazienza, vorrà dire che dovrà tornare in Islanda per completare questa missione e provare anche il Brennivín, “la morte nera”, l’acquavite islandese. Vi racconto, invece, che cosa ho assaggiato e dove.

La mia amica e io siamo arrivate a Reykjavik sul tardi, e dopo aver fatto una doccia quasi tutti i ristoranti erano chiusi, così abbiamo deciso di provare il fast food islandese, Aktu Taktu, che serve vari tipi di hamburger e panini, patatine e stuzzichini fritti. L’esperienza non è stata né deludente, né particolarmente degna di nota, a dire il vero: inoltre, come accade quasi sempre con questi cibi, dopo un’ora avevamo più fame di prima, ma ci stavamo godendo un panorama talmente bello che non ci abbiamo più pensato.

Le zuppe di Svarta Kaffið

Uno dei punti forti della cucina islandese sono le zuppe, che hanno una cremosità strepitosa e un gusto delicatissimo, soave. Nel pieno centro di Reykjavik potete concedervi una pausa da Svarta Kaffið, per gustare la zuppa servita all’interno di una pagnottina di pane (un’abitudine molto comune). La zuppa, di carne o di verdura (io ho optato per la prima), è davvero ottima ma, a meno che non siate dei veri strateghi, difficilmente riuscirete a finire il pane. Instagram mi è testimone, mi sono sentita come in una puntata di Man VS. Food, e ho perso la sfida.

Áskaffi e la fattoria Glaumbær

Nella contea di Skagafjarðarsýsla, nel nord-ovest del Paese, c’è un vero e proprio gioiello, un’antica fattoria perfettamente conservata, nella quale i contadini hanno vissuto fino al 1930 e che oggi è diventata un museo. Il complesso è formato da 12 casette di torba, parzialmente interrate, e uno degli ambienti risale addirittura al 1750. Non male, eh? All’interno ci sono tante chicche, come i recipienti e le spazzole che venivano usate per preparare lo Skyr, il formaggio fresco islandese, ma anche bauli, coperte, e oggetti di vita quotidiana.

A pochi metri dalla fattoria c’è Áskaffi, un caffè-ristorante in cui si potrete provare dei piatti islandesi cucinati secondo le ricette tradizionali. E proprio qui ho assaggiato un’altra zuppa, stavolta di pesce, che merita davvero un elogio. Ingredienti perfettamente amalgamati, eppure ogni sapore si distingueva dall’altro. E poi il pane su cui spalmare il burro salato. What else?

L’agnello nella cucina islandese

L’allevamento delle pecore ha fornito agli islandesi sia la lana per tenersi al caldo durante i lunghi inverni, che il cibo per sostentarsi. Anche oggi, la carne di agnello è un caposaldo della cucina, ed è apprezzata da tutti, in una lunga varietà di preparazioni.
Gli islandesi amano molto il cosciotto d’agnello cotto (potete provarlo al Lamb-Inn: un nome, un programma), ma utilizzano questa carne anche per gli hot dog, chiamati Pulsa. Trovate l’agnello nelle zuppe, stufato con carote e patate, oppure grigliato e servito con salse e contorni a piacere (io l’ho assaggiato al Fossbuð, vicino alla cascata Skógafoss: tenero, cotto al punto giusto, saporito).

Ma dell’agnello, anzi, per essere più precisi, della pecora, non si utilizzano solo le parti nobili. Lo Svið, per esempio, piatto davvero tipico dell’Islanda, è la testa di pecora spaccata in due, cotta alla brace, poi bollita e consumata, oppure conservata, e in questo caso ci sono due varianti: in gelatina, che si forma quando il grasso si raffredda (Sviðasulta), oppure nel siero di latte (Súrsviðasulta). E abbiamo solo cominciato: gli Hrútspungar sono testicoli di montone conservati in gelatina, il Lundabaggi si prepara arrotolando su se stesso il grasso di pecora, che viene poi conservato nel siero acido. Il Bringukollur, infine, è grasso del torace di pecora.

Prodotti da forno e dolci islandesi

Dopo la parentesi su molti dei possibili cibi derivati dalla pecora, voglio passare a un argomento che potrebbe mettere tutti d’accordo, ovvero i prodotti da forno e i dolci tipici dell’Islanda. Siete sollevati, vero? Un tipico pane è il Rúgbrauð, fatto con la farina di segale e un tempo cotto in dei recipienti che venivano interrati per sfruttare il calore geotermico del sottosuolo. Il laufabrauð, invece, è una sorta di sfoglia sottile, a base di acqua e farina o latte e farina, che veniva preparato tradizionalmente a Natale ed era decorato con dei motivi intagliati prima della cottura.

Tra i dolci islandesi, troviamo delle frittelle chiamate pönnukökur, che ricordano i pancake e sono aromatizzate alla cannella e le frittelle con uvetta, chiamate Ástarpungar (che si può tradurre con palle, o meglio, testicoli dell’amore). Molto apprezzato, infine, e ampiamente proposto anche nei ristoranti che propongono piatti rivisitati e dessert con un tocco internazionale, è l‘abbinamento di cioccolato e caramello, al quale non ho saputo resistere, anche perché è stato molto divertente vedere la sfera di cioccolato che si scioglieva pian piano.

Se non avete mai visitato l’Islanda e la sua capitale Reykjavik, spero di essere riuscita a trasmettervi un po’ dello spirito che si respira in quella parte di Europa e che mi ha davvero conquistata. Quindi penso proprio che ci tornerò, magari non per assaggiare cibi strani, ma per godermi di nuovo lo spettacolo di un arcobaleno dentro la cascata.

Autore

Erica Di Cillo
Erica Di Cillo
Sono nata e cresciuta in Molise, ma ora vivo a Bologna e lavoro come copywriter e content curator freelance. Amo scrivere, viaggiare e scoprire i luoghi, anche attraverso il cibo. Di tanto in tanto, mi coccolo con un piatto di tortellini in brodo.