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Dal maggio 2019 un manipolo di prodi viaggiatori si aggira a piedi sulle montagne italiane: è la spedizione di Va’ Sentiero! Un’armata brancaleonesca alla scoperta del Sentiero Italia, l’alta-via più lunga al mondo (ben 7000 km) che attraversa tutte le regioni italiane lungo tutta la dorsale montuosa: dalle Alpi alle isole, passando per gli Appennini. Tra salite, discese e cime raggiunte, dopo una giornata di cammino non c’è cosa più bella che sedersi a tavola e rifocillarsi.
In questo articolo ci fermiamo in Abruzzo, e vi proponiamo alcune tappe enogastronomiche per consigliarvi cosa vedere e dove mangiare intorno al Gran Sasso.

Due parole sul Gran Sasso: per la sua posizione centrale lungo la penisola, i romani lo chiamavano “Monte Ombelico”, nei secoli successivi venne chiamato Monte Corno e Sasso d’Italia, infine con il nome odierno di Gran Sasso. Una montagna dalla storia antica (fu scalata per la prima volta nel 1563!), la più alta dell’Appennino continentale, per noi di Va’ Sentiero una delle ultime grandi cime da salire. L’Abruzzo ci ha meravigliato con la sua natura incontaminata (ci sono ben tre parchi nazionali), con i suoi stupendi borghi e, soprattutto con la sua cucina forte e gentile proprio come il carattere dei suoi abitanti.

Pietracamela e la cucina teramana dell’Antica Locanda

Il nostro itinerario alla scoperta del Gran Sasso inizia dal lato teramano, a Pietracamela, un piccolo borgo arroccato sulla “petra” che, a dire del Sindaco, ha la forma delle gobbe del cammello, simbolo della città. In compagnia dei membri del Fai di Teramo, abbiamo scoperto le bellezze nascoste tra i vicoli e le case del paese spopolato: non perdete le straordinarie pitture rupestri di Guido Montauti.

Abbiamo continuato la scoperta delle tradizioni locali a tavola, nell’unico ristorante del borgo: l’Antica Locanda. L’atmosfera intima della piccola sala (una ventina di coperti) racconta bene la lunga esperienza della famiglia Amorotti che da più di mezzo secolo continua ad accogliere i turisti con passione. Al piano di sopra, sono disponibili anche nove camere da letto.

Stefano, la terza generazione della proprietà, gestisce la sala, mentre la madre si occupa della cucina. Il primo antipasto è una bruschetta con la ventricina teramana, un insaccato di maiale che, a differenza della versione vastese o molisana, è spalmabile; viene anche chiamata assogna, termine con cui si indica in dialetto il grasso di maiale, poiché composta prevalentemente dal lardo di maiale mescolato a spezie, vino e poche parti di carne finemente tritata. Solitamente piccante, il peperoncino gli dona l’inconfondibile colore acceso, rosso/arancione. A seguire, assaggiamo dell’ottimo pecorino locale con una composta di fichi, il tutto accompagnato da un buonissimo Cerasuolo d’Abruzzo DOC della cantina Terra d’Aligi.

I piatti forti dell’Antica locanda però, sono i primi: su tutti il timballo di “scrippelle” e la chitarrina con le pallottine. Il timballo di scrippelle è una vera istituzione nel teramano, il tipico piatto natalizi:; le scrippelle sono una sorta di crêpes che vanno a creare gli strati del timballo e che solitamente vengono condite con le pallottine. Noi proviamo la versione alla boscaiola con funghi, piselli, besciamella e ragù: strepitoso! I maccheroni alla chitarra sono un tipo di pasta della tradizione abruzzese e le pallottine (piccole polpettine di carne macinata) con il sugo di pomodoro costituiscono l’abbinamento perfetto.

A concludere il pasto, assaggiamo il dolce dell’Antica Locanda: la pizza dogge. Si tratta di un dolce tipico, che ricorda la zuppa inglese. Una bella carica per affrontare, l’indomani, la salita al “gigante che dorme”.

A Campo Imperatore: Ristoro Mucciante

Ed eccoci qui: il giorno della emozionante salita al Gran Sasso. Anche se molto affollata, riusciamo a goderci il tramonto e l’alba in tenda, poco distanti dal Rifugio Duca degli Abruzzi. Il giorno seguente scopriamo uno dei paesaggi più straordinari di tutta l’Italia, quello di Campo Imperatore. Una gigantesca piana a cui da millenni, in primavera, salgono i pastori con le loro pecore. La pecora è la vera protagonista della cucina abruzzese e del suo piatto più conosciuto: gli arrosticini!

Campo Imperatore è stato il set di molti “spaghetti western”, e nella zona di Fonte Vetica è rimasta la struttura di un set cinematografico, forse un vecchio saloon o la stazione di servizio del thriller Autostop rosso sangue: qui campeggia la scritta “Ristoro Mucciante”. In estate e nei weekend centinaia di macchine e moto, cavalli e diligenze di un’epoca diversa, fanno da contorno ai densi i fumi che si alzano dalle decine e decine di rustelle.

La rustella è la griglia dove si cuociono gli arrosticini, spiedini di carne di castrato (maschio della pecora). Il Ristoro Mucciante non è un ristorante bensì un alimentari nel bel mezzo di Campo Imperatore, un vero e proprio punto di ristoro per viandanti. Il flusso di persone è così elevato che ci sono due file diverse per acquistare i prodotti, uno per la macelleria e uno per gli alimentari. Fortunatamente fuori c’è lo spillatore della birra. Sotto il sole che picchia, centinaia di persone attrezzano la loro tavola alla bell’e meglio (c’è chi piazza l’ombrellone fissandolo ingegnosamente con della pellicola) e si preparano a passare lì il pomeriggio.

Le file scorrono lente e ordinate e, arrivati al bancone degli alimentari, prendiamo del pane, del Canestrato di Castel Monte (provate quello di Giulio Petronio dell’Azienda Zootecnica Gran Sasso) e delle ferratelle dalla forma del rosone della basilica di Collemaggio (le rosoncelle). Mentre aspettiamo di prendere la carne, notiamo alla parete la foto di Aldo, Giovanni e Giacomo in posa dietro al bancone: qui girarono le scene della fuga in macchina in “Così è la vita”. La foto e l’arredamento interno portano l’orologio indietro nel tempo, agli anni in cui il mondo non era così vicino e questo luogo era conosciuto solo dagli abruzzesi.

L’offerta della macelleria è ampia e dietro il bancone ci sono persone indaffarate ma gentili, scegliamo di andare sul sicuro prendendo arrosticini in abbondanza (60 cent l’uno), compresi gli “esotici” arrosticini di fegato, e qualche salsiccia. Ora inizia la sfida vera e propria: dimostrare le proprie capacità alla griglia. Le rustelle vengono accese con dei “lanciafiamme” da ragazzi vestiti con tute da meccanico verdi: inizia lo sfrigolio del grasso che si scioglie, l ’atmosfera è caotica e l’esaltazione è alle stelle, forse per colpa dei densi fumi e profumi del castrato di cui sono fatti gli arrosticini.

Importantissimo è tenersi stretto un tavolino, che nei momenti di ressa è molto difficile da trovare (anche se c’è un bel ricambio). Una volta seduti, gli arrosticini presi sono sempre troppo pochi e lasciare questo posto scatena immediatamente la nostalgia di un momento felice.

Alla scoperta dei piatti aquilani: Locanda sul Lago

Un tempo le pecore che pascolavano a Campo Imperatore non venivano usate per la carne dei famosi arrosticini o per i formaggi, la vera ricchezza delle pecore era la lana! La lana era una risorsa preziosa e ricercata, il primo ad investire sulle potenzialità economiche di Campo Imperatore, fu il leggendario imperatore Federico II di Svevia (da cui il nome): arriviamo all’Aquila, quindi, che nasce nel XIII secolo proprio come mercato della lana dei novantanove comuni della zona.
A mettere a sistema l’enorme potenzialità del pascolo furono gli aragonesi del Regno di Napoli che crearono l’incredibile sistema dei tratturi.

I tratturi sono un complesso sistema stradale, con tante vie e moltissime diramazioni, che agevolava l’arcaico rito della transumanza delle pecore da Campo Imperatore al tavoliere delle Puglie: a Foggia era presente la dogana dove si pagava la tassa per usufruire di un appezzamento di terra per il periodo invernale. Questo sistema fu la più grande fonte di ricchezza del Regno di Napoli e durò fino all’Unità d’Italia. Fu inoltre, la fortuna dei comuni ai piedi del Gran Sasso, che controllavano l’entrata a Campo Imperatore.
Gli splendidi borghi di Castel del Monte, Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio vissero momenti di elevato splendore grazie al commercio della lana: la zona, chiamata Baronia di Carapelle, faceva gola a tutti i potenti dell’epoca e nel Cinquecento fu acquistata dalla famiglia dei Medici.

Siamo arrivati a Santo Stefano di Sessanio dopo una lunga camminata, provati dai tre giorni di lunghe tappe, e qui troviamo rifugio nella Locanda sul Lago, poco fuori dal borgo. L’edificio è stato ampliato negli ultimi anni e oggi, oltre al ristorante, sono presenti alcune splendide camere.

Danilo, uno dei camerieri, ci racconta che prima gestivano un ristorante all’interno dell’albergo diffuso Sextantio, geniale idea dell’imprenditore milanese Daniele Kihlgren che ha permesso al borgo abbandonato di tornare a vivere. In seguitosi sono trasferiti qui per riprendere una vecchia locanda gestita da due anziane signore.

La cucina, ben gestita dallo chef Simone Iezzi, è quella locale, ma non manca lo spazio per le rivisitazioni. La pasta è tutta fatta in casa e i ragazzi ci tengono a utilizzare i prodotti locali. Ovviamente non può mancare la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, presidio Slow food e ricchissima di ferro, dal colore scuro, piccola e resistente alla cottura. Alla Locanda sul Lago la si può degustare sia arricchita con salsiccia e ritagli di prosciutto, che in versione vegetariana.

Il problema è che spesso la lenticchia finisce subito poco dopo la raccolta (sono rimasti soltanto pochi piccoli produttori), ma ci sono molti altri legumi del territorio come la cicerchia, il fagiolo zolfino e il fagiolo poverello: alla Locanda sul Lago troverete sempre una zuppa calda che vi aspetta!

L’ingrediente più valorizzato è sicuramente l’agnello Dop del Gran Sasso, che viene acquistato a Barisciano nell’Azienda Agricola Damiani. Due piatti da provare assolutamente sono la coratella (interiora d’agnello tagliate a tocchettini), cotta in un soffritto di sedano, carota e cipolla, sfumata con il vino rosso e arricchita con i sottaceti, e l’agnello cacio e ova, uno spezzatino saltato in padella con uovo e pecorino. Non manca mai l’offerta per i vegetariani che si possono godere l’uovo in priatora, ovvero in purgatorio: un uovo in camicia su salsa di pomodoro e peperone dolce.

  • Locanda sul Lago
    Via del Lago, 67020 Santo Stefano di Sessanio AQ
    Tel. 342 363 4322

Mentre parliamo con Danilo ci godiamo l’ennesimo Cerasuolo d’Abruzzo (un vino che ci ha stregato) e, ripensando a questi giorni trascorsi sul Gran Sasso, ci viene in mente la frase scritta sul muro dell’Ostello dello Zio a Campo Imperatore:

Sò sajitu sju Gran Sassu, sò remastu ammutulitu, me parea che passu passu se sajesse a j’i finitu!
Sono salito sul Gran Sasso, sono rimasto ammutolito, mi pareva che passo passo si salisse all’infinito.

La vastità del paesaggio, delle storie e delle tradizioni che ruotano intorno al Gran Sasso d’Italia danno la stessa vertigine che ti accompagna fino alla cima.

Tutte le foto sono di Sara Furlanetto.

 

Autore

Va Sentiero
Va Sentiero
Va’ Sentiero è la spedizione più pazza del mondo, lungo il sentiero più lungo del mondo, nel paese più bello del mondo: qui lo trovate con la penna di Francesco Sabatini, filosofo e cambusiere della spedizione. Un progetto di comunicazione e di condivisione per riscoprire il Sentiero Italia, un tesoro nascosto lungo 7000 km che ripercorre tutte le montagne italiane. Noi lo stiamo ripercorrendo a piedi, che fai, vieni?